21 Aprile 2020 – Riflessione
L’astronauta Russel Scheickhart, nel tornare sulla Terra negli anni ’60, testimoniava un cambiamento di “paesaggio mentale” dicendo:
Vista da fuori, la Terra è così piccola e fragile, una macchiolina preziosa che puoi coprire con il tuo pollice. Tutto ciò che per te significa qualcosa, tutta la storia, l’arte, la nascita, la morte, l’amore, la gioia e le lacrime, tutto questo si trova il quel puntino azzurro e bianco che puoi coprire con il tuo pollice. E a partire da quella prospettiva, si comprende che tutto è cambiato, che comincia ad esistere qualcosa di nuovo, che la relazione non è più quella di prima.
È interessante notare come nel cuore di un’epoca d’oro per la scienza e la tecnologia, quando le culture occidentali puntavano con successo su esse vedendole come mezzi certi per raggiungere la supremazia economica e militare, proprio un astronauta, il simbolo concreto di questo successo, si accorgeva di formare con la Terra una unica entità.
Si stupiva di essere lui “il grande” e la Terra “la piccola”. E in questo sentirsi piccolo e lontano, percepiva il suo essere e la sua storia comprese nella Terra, quella stessa Terra che poteva coprire con un pollice. Così, in quella stessa cultura saldamente fondata sulla scienza e sulla tecnologia proprio un astronauta ha richiamato alla sensazione di dover cambiare la relazione con la Terra, la nostra casa, noi.
La Terra è oggi considerata una unica entità complessa, talvolta contraddittoria, sempre dotata di dinamismo. Le conoscenze accumulate e dipanate negli ultimi sessanta anni grazie a quella scienza e a quella tecnologia che credevamo ci portasse alla serena supremazia sull’universo mondo, ci hanno mostrato come invece senza gli elementi della Madre Terra, senza i virus, i batteri, i microrganismi, i vegetali, le molecole e in primis gli elementi chimici, non solo non esisteremmo, ma non possiamo sopravvivere! Siamo parte della Terra così come del Cosmo, e siamo in relazione con ogni forma di vita e con ogni elemento organico e inorganico. Siamo anche in noi stessi un insieme di relazioni, interconnessioni, interdipendenze ed interscambi di ogni essere con ogni altro essere ovunque e in ogni istante nel tempo che scorre.
E infine oggi ci si accorge che non è sufficiente sforzarsi di avere una “migliore relazione” con l’ambiente naturale: bisogna coltivare la consapevolezza di essere parte viva della vita di questo Pianeta, considerandoci unica entità con esso. Ripeto: non basta il rispetto.
Per modificare la visione antropocentrica dell’Universo e del nostro Pianeta, bisogna riuscire a superare l’approccio utilitaristico del modello di civiltà che abbiamo costruito ponendo i viventi e la materia al servizio dell’Uomo, e arricchirlo con la vera consapevolezza di essere noi stessi parte integrante della natura, della Terra, del Cosmo in cui siamo immersi e che allo stesso tempo sono dentro di noi. Questa nuova prospettiva sarà la cellula germinale del nuovo percorso di consapevolezza che può salvarci, con gli altri abitanti animati o meno della Terra.
La crisi socio-ambientale ha origine in un perverso meccanismo culturale che vede l’uomo sentirsi al di fuori e al di sopra della natura e dell’universo, e quindi da essi avulso, indipendente, quando invece ne è necessariamente co-sostanziale.
Sia Lodato Gesù Cristo