Essere libero o essere schiavo del peccato, ecco il dilemma che ogni uomo deve affrontare. Essere libero significa appartenere completamente a Dio, fare la sua volontà, poiché egli desidera la nostra salvezza. Essere libero compiendo il bene è fare piacere a Dio. Al contrario, essere schiavo significa andare per la propria strada, essere signori di se stessi. Impariamo a perseverare nell’insegnamento di Cristo. Perseverare significa perdurare sempre, costantemente. Perseverare significa credere anche a scapito della logica umana e delle convinzioni universali. Ciò significa avere il coraggio di dare fiducia a Gesù, rimanere sempre nella casa del Padre. Abramo ha mostrato di avere del tutto fiducia in Dio. La patria, verso la quale per tutta la vita non ha smesso di incamminarsi, è Dio. Se fossimo davvero figli di Abramo, le nostre vite prenderebbero un’altra piega. Il Figlio di Dio è venuto sulla terra per cercare e per salvare ciò che era perduto. Se il Figlio vi libera, sarete davvero liberi. Il tempo di Quaresima ha questo senso: con l’ascolto della parola divina e con le azioni dettate da una fede profonda noi vogliamo ottenere la liberazione operata per noi da Gesù Cristo. Essere un discendente di Abramo non ha un significato carnale, ma spirituale: continuare lo spirito del patriarca, cioè avere una fede sempre più forte.
Nella fede Abramo ha obbedito all’appello di Dio e si è recato nella terra di cui doveva entrare in possesso.
Prima di arrivare alla terra promessa ha peregrinato molto, aspettando la costruzione, su solide fondamenta, della città il cui architetto e costruttore sarebbe stato Dio stesso. E noi siamo capaci di camminare fino alla città costruita da Dio.
Cos’è essere figlio e figlia di Abramo? La reazione dei giudei è immediata: “Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?” Gesù ribadisce facendo una distinzione tra figlio e schiavo e dice: “Chi commette il peccato è schiavo del peccato. Lo schiavo non rimane per sempre in casa, ma il figlio rimane per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”. Gesù è il figlio e vive nella casa del Padre. Lo schiavo non vive nella casa del Padre. Vivere fuori dalla casa, fuori di Dio vuol dire vivere nel peccato. Se loro accettassero la parola di Gesù potrebbero diventare figli e raggiungere la libertà. Non sarebbero più schiavi. E Gesù continua: “Io so che voi siete discendenza di Abramo, ma state cercando di uccidermi, perché la mia parola non entra nella vostra testa”. Subito appare ben chiara la distinzione: “Io parlo delle cose che ho visto quando ero con il Padre, anche voi dovete fare ciò che avete udito dal padre vostro”. Gesù nega loro il diritto di dire che sono figli di Abramo, perché le loro opere affermano il contrario.
Ma loro insistono in affermare: “Il nostro Padre è Abramo!” come se volessero presentare a Gesù un documento della loro identità. Gesù ribadisce: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”. Tra le linee, suggerisce che il loro padre è satana (Gv 8,44). Suggerisce che sono figli della prostituzione.
“Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”. Usando parole diverse, Gesù ripete la stessa verità: “Chi appartiene a Dio ascolta le parole di Dio”. La verità ci farà liberi. Emoziona questa Parola, ci interroga, ci scuote, ci scava. La verità ci rende liberi, la verità di noi stessi, quella che ci porta a guardarci senza paura, senza timore, senza nascondere i nostri limiti e senza farli diventare dei minacciosi giganti che ci schiacciano. La verità che ci è necessaria, e che dura tutta la vita, per riconoscere i nostri difetti (congeniti, da mitigare) e i nostri peccati (quelli in cui mettiamo in gioco la nostra libertà). La verità che ci è necessaria nelle relazioni, senza diventare sfrontati o offensivi ma che sa dire “sì” se è “sì” e “no” quando è “no”, senza temere, senza falsi buonismi, senza compromessi che ledono il vangelo o la dignità delle persone. La verità che ci è necessaria nei rapporti col nostro mondo ipocrita che definisce l’aborto “interruzione di gravidanza” e l’eutanasia “dolce morte”. La verità che è necessaria nei nostri rapporti di Chiesa troppo spesso mondanizzata, troppe volte seduta sulle proprie presunte certezze e che non brucia per l’amore del fratello, una verità che è faticosa. La verità ci rende liberi. Ma ci crediamo?
E la verità ci rende liberi dalle troppe cose che ci condizionano, talora impedendoci di vivere pienamente: sensi di colpa, giri di testa, paure, ansie. La Parola ci conduce alla pienezza, così ci dice il Maestro. Fidiamoci.
Sia lodato Gesù Cristo.